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Il Manifesto dei glocalisti

La trasformazione epocale, che ha portato ad un passaggio dall’internazionalismo al glocalismo, non è un fatto esclusivamente culturale né meramente politico, ma con l’avvento della tecnoscienza, consiste nel cambiamento delle idee di tempo e spazio che hanno riplasmato costumi, valori e storia della società.

Nel mondo glocalizzato, problemi e soluzioni di ordine locale vanno a influenzare problemi e soluzioni di ordine globale. Allo stesso modo problemi e prassi globali influenzano la nostra dimensione locale

Dimensioni nazionali, sovranazionali e subnazionali si intrecciano sempre più fittamente in un interscambio che va ben al di là dei rapporti inter-nazionali che hanno caratterizzato il recente passato.

In un mondo di mobilità e di connessioni istantanee quasi infinite, tutti i locali partecipano del globale e viceversa.

Da questo ragionamento, Piero Bassetti, Presidente di Globus et Locus, nel gennaio del 2008, ha scelto di redigere il primo Manifesto dei Glocalisti.

Il senso del manifesto dei Glocalisti non è quello di proporsi come un assioma ma è una manifestazione di un nuovo modo di ragionare.  È un documento simbolo che propone valori e idee nuove. Aderire al manifesto dei Glocalisti permette di riconoscersi in valori specifici aderendo ad una dimensione reticolare, pluralista e policentrica, i cui nodi sono liberi di generare altre reti.

MANIFESTO

Noi siamo glocalisti:

  1. perché sappiamo che la tecnologia, cambiando le nostre idee di tempo e di spazio, ha cambiato il mondo e l’ha reso uno
  2. perché sappiamo che in un mondo della conoscenza è l’innovazione il momento nel quale sapere e potere si incontrano per fare il costume, i valori, la storia
  3. perché sappiamo che innovazione vuol dire opportunità ma anche minacce
  4. perché sappiamo che tempo e spazio zero vogliono dire dominio della mobilità sulla stanzialità
  5. perché sappiamo che mobilità vuol dire flussi, reti, nodi di relazioni indipendenti dal territorio e dai suoi confini
  6. perché sappiamo che relazioni senza confini cambiano il significato di luogo, lo avvicinano a quello di nodo e aprono un nuovo rapporto tra globale e locale: attraverso le reti il globale entra in tutti i loci e ogni locus fa parte direttamente della dimensione globale
  7. perché sappiamo che questo nuovo mondo glocale sarà il nostro mondo e il nostro destino

 

Ma noi non ignoriamo:

  1. che glocalismo non deve voler dire uniformità apolide, macdonaldizzazione, squilibri, ecodrammi
  2. che per evitare queste minacce ci sarà sempre più bisogno di nuove politiche e nuove istituzioni
  3. che nuove politiche e nuove istituzioni vogliono dire nuovi poteri
  4. che in un mondo di mobilità il ricorso alla violenza legittima e il controllo del territorio conteranno sempre meno
  5. che per fruire del globale ma nello stesso tempo difendere i nostri spazi locali non servono frontiere, cittadinanze, sovranità e localismi subalterni
  6. che la fine dei nazionalismi non deve voler dire fine delle identità culturali etniche territoriali
  7. che nel villaggio globale protagonisti sono i movimenti sociali
  8. che gestione della mobilità e gestione del territorio devono trovare nuove relazioni politiche
  9. che nella mediazione tra convivenze ed economia l’istituzione centrale è l’impresa
  10. che l’impresa è regolata dai mercati globali
  11. che su tali mercati le popolazioni di imprese operano per reti di funzioni tra loro intrecciate secondo logiche di scala globale
  12. che tali funzioni determinano flussi di mobilità di beni, persone, relazioni in parte sganciati da considerazioni territoriali
  13. che le tradizionali istituzioni politiche nazionali o regionali sono sempre più in difficoltà nel condizionare tali relazioni
  14. che solo nuove istituzioni glocali capaci di raccordare imprese globali e popolazioni di imprese locali possono mediare economia globale e convivenze locali
  15. che la crisi dello stato nazione nella sua capacità regolatrice è irreversibile e solo una profonda innovazione istituzionale potrà salvarci

 

Noi perciò rivendichiamo:

  1. una nuova statualità nella quale individui, etnie, nazioni diverse possano convivere in parità; comunità territoriali e comunità di pratica possano intrecciare i loro interessi e le loro funzioni; reti e territori siano organizzati senza condizionamenti nazionalisti o localisti
  2. una nuova cittadinanza basata sulla pluri-appartenenza
  3. la conseguente possibilità di sentirci insieme cosmopoliti, italici, europei, mediterranei, italiani, padani, milanesi, cattolici, musulmani, liberali, socialisti, tecnici, umanisti, milanisti, interisti, ecc., senza perdere il nostro senso di identità politica
  4. la possibilità di coltivare come singoli e come comunità tali nuove appartenenze
  5. una nuova sorta di laicità spaziale che sia presidio alle nuove mobilità nella consapevolezza che una vita fruita tra molte appartenenze e in molti loci è assai più vera e più ricca di ogni settarismo monocorde
  6. la possibilità di operare liberamente nella ricca e dinamica struttura di reti funzionali e territoriali che il mondo glocale si appresta ad offrirci
  7. una nuova governance cosmopolita indispensabile per assicurare, in un mondo glocale, ambiente, pace, diritti, giustizia

 

Per tutto questo siamo disposti a mettere in gioco:

  1. la nostra attuale identità e soggettività politica per poter raggiungere nuovi assetti di rappresentanza e governabilità
  2. il nostro tradizionale rapporto col territorio per prepararci all’avvento dei migranti che la mobilità di massa ci fa già incontrare
  3. le nostre attuali istituzioni locali e nazionali per trasformarle e adattarle alle esigenze che il tramonto dello stato-nazione e l’avvento di un mondo glocale inesorabilmente ci porranno

 

Vogliamo lavorare all’avvento:

  1. del nuovo pensiero, dei nuovi soggetti, delle nuove istituzioni e pratiche politiche che dovranno assumere il ruolo di ispiratori e attori della nuova era glocale
  2. delle nuove aggregazioni che tale percorso dovranno soggettivare
  3. di nuovi rapporti tra stanzialità e mobilità di cose, persone, idee
  4. di regole di convivenza capaci di conciliare efficienza e democrazia nelle nuove comunità funzionali e di pratica a scala globale e locale
  5. della riorganizzazione urbana animata dalle glocal-cities che stanno nascendo laddove nuovi plessi di reti funzionali si incontrano in modi nuovi con preesistenti aggregazioni civiche
  6. della nuova geografia politica sub-nazionale che le aggregazioni regionali stanno disegnando quasi dovunque
  7. delle relative istituzioni e dei loro nuovi poteri
  8. dei nuovi livelli di statualità metanazionale che stanno emergendo nel mondo a cominciare dall’Europa

 

Lanciamo questo appello da Milano:

  1. perché siamo consapevoli che l’Europa è il continente che ha inventato la Città
  2. perché la ricostruzione della unità europea non avverrà componendo la sue realtà regionali e metropolitane secondo gli schemi imposti dall’avvento degli stati-nazione
  3. perché l’integrazione e il riequilibrio tra le aree forti e meno forti d’Europa non sarà più affidato al solo potere unificante degli stati nazionali ma alla costruzione di nuove reti funzionali interregionali non necessariamente contigue
  4. perché il modo in cui l’Italia farà parte dell’Europa sarà articolato: il Nord, il Centro, il Sud, le Isole si relazioneranno in modi nuovi con le omologhe realtà continentali e anche con quelle globali
  5. perché in queste condizioni la glocal city nella quale viviamo, che noi chiamiamo Milania e che altro non è se non un pezzo della più vasta dimensione padana. non può sottrarsi alle sue responsabilità di aggancio all’Europa dell’intera realtà nazionale

 

C’è un grande lavoro da fare:

  1. per meglio capire, disegnare, organizzare, istituzionalizzare la grande area metropolitana nella quale viviamo
  2. per marcarne la nuova anche se ancora confusa identità
  3. per raccordarla in modo nuovo col resto d’Italia e d’Europa
  4. per consentire alle nuove istituzioni potenzialmente glocali come Camere di Commercio, Fondazioni bancarie, Provincie, Regioni, Agenzie di meglio raccordarsi con le multinazionali, le grandi banche, i raggruppamenti di piccole e medie imprese che già sono immerse nella sfida glocalista.
  5. per far sì che le migliaia di strutture associative e di servizio che ne animano i localismi apprendano a interconnettersi con la trama sempre più fitta di reti funzionali che le attraversano a scala glocale
  6. per stimolare i nostri centri di vita culturale a rendersi sempre più consapevoli dell’alto tasso di innovazione che un processo di glocalizzazione comporta
  7. per dare alla miriade di reti che la innervano, alle migliaia di imprese che la animano, alle mobilità che la vivificano efficacia e ordine
  8. Un lavoro attorno al quale noi chiamiamo tutti coloro che condividono le nostre idee e i nostri propositi
  9. Perché c’è bisogno di meglio capire le realtà nelle quali stiamo operando
  10. C’è bisogno di formare intere generazioni alle nuove sfide che chiaramente intravediamo
  11. C’è bisogno di veder nascere nuove realtà capaci di animare politicamente il nuovo mondo glocale
  12. C’è bisogno che i milanesi si sveglino alle sfide della glocal-city in cui vivono
  13. C’è bisogno che gli italici di tutto il mondo si ritrovino nel riconoscimento di una appartenenza che trascende, senza rinnegarla, quella di italiani, ticinesi, titani, dalmati, per ricongiungersi a chi – canadese, statunitense, latino-americano, australiano, extracomunitario immigrato in Italia, ecc. – è disposto per origini, interessi, cultura, valori, a riconoscersi italico
  14. C’è bisogno di avviare insieme la costruzione delle nuove istituzioni e della nuova governance che il mondo glocale richiede
  15. C’è bisogno cioè di una politica glocalista

          Ad essa noi ci impegniamo a lavorare!

 

Piero Bassetti, Presidente Globus et locus

Milano, 7 Gennaio 2008

 

 

StaffGlobus